Dal 14 dicembre 2014 sulle etichette dei prodotti alimentari dovrà essere specificato il tipo di olio e di grasso utilizzati, come prescrive il nuovo regolamento (UE) sull’informazione al consumatore. Nel frattempo alcuni gruppi della GDO – sia in Italia che all’estero – chiedono ai loro fornitori di non usare più grassi vegetali di bassa qualità, come l’olio di palma, palmisto e altri grassi tropicali. Qualche produttore si è già mosso ottenendo interessanti risultati.«Da alcuni anni – Spiega Maurizio Sacilotto, direttore dello stabilimento Hosta Italia, un’azienda dolciaria con sede in Friuli – riceviamo la richiesta dai nostri clienti – come Migros in Svizzera, Auchan in Francia e in Italia, Carrefour – di precisare la tipologia di “oli vegetali” in etichetta, e quando usiamo l’olio di palma di indicare la provenienza e l’eventuale produzione ecosostenibile. I quantitativi di olio di palma ecosostenibile non sono però in grado di soddisfare la domanda, per questo molte industrie alimentari devono approvvigionarsi da paesi quali Malesia ed Indonesia dove l’olio è prodotto in coltivazioni di tipo intensivo».
L’olio di palma è molto richiesto nell’ambito alimentare per la sua versatilità ed economicità, ha infatti un’elevata resa per ettaro e quindi costa poco, ha una buona stabilità, resistenza alla cottura e non irrancidisce.Inoltre, la buona densità consente il suo impiego al posto degli oli di semi parzialmente idrogenati, che contengono i famigerati acidi grassi trans, sospettati di contribuire allo sviluppo di malattie cardio-vascolari. Per questo motivo i prodotti realizzati con il palma vantano spesso in etichetta una dicitura del tipo “senza grassi idrogenati” (come si vede nella pubblicità di alcuni frollini a marchio Carrefour in questo periodo).
L’olio di palma però presenta alcuni aspetti potenzialmente negativi, che spiegano la sensibilità dei gruppi industriali e distributivi più lungimiranti (tra questi ultimi, la catena ‘U’ in Francia, che dedica intere pagine di inserzioni su Le Monde per esprimere i propri impegni su questo e altri temi legati alla sostenibilità):
• dal punto di vista nutrizionale l’olio si caratterizza per l’alto contenuto di acidi grassi saturi,
• sul fronte della sostenibilità ambientale, diverse Ong hanno denunciato la deforestazione e il conseguente rischio di estinzione di alcune specie animali (come gli oran-gutan, in Indonesia) e vegetali. Secondo alcune fonti, la sostituzione delle foreste con i palmeti rappresenterebbe il 4% delle emissioni globali di gas serra ponendo Indonesia e Malesia, dopo Usa e Cina, nell’elenco delle nazioni responsabili dell’inquinamento globale.
Quali soluzioni? I grandi utilizzatori del palma da alcuni anni si sono impegnati a promuovere la produzione secondo criteri di sostenibilità, attraverso la Roundtable for Sustainable Palm Oil il cui lavoro è stato di recente apprezzato anche dal WWF. Ma il problema, simile a quello delle produzioni di mais e soia Identity Preserved, cioè non-Ogm, è poi che la domanda supera di gran lunga l’offerta.
Una soluzione al problema è quella della Hosta che si è posta l’obiettivo di sostituire l’olio di palma nei prodotti da forno. «Per i grissini – spiegano i responsabili del controllo qualità – abbiamo sostituito l’olio di palma con l’extra vergine di oliva 100% italiano, riducendo la quantità complessiva di grassi del 40%, riuscendo ad ottenere un prodotto altrettanto gradevole dal punto di vista organolettico e stabile nel tempo, rispetto al rischio di irrancidimento». La sostituzione di un olio tropicale con un extra-vergine consente di ridurre non solo l’impatto ambientale (così come la distanza tra produttore e utilizzatore), ma anche il tenore complessivo dei grassi nel prodotto finale.C’è anche un vantaggio economico, perchè la riduzione dei grassi significa utilizzare più farina nella ricetta e quindi ridurre i costi. «Per una piccola azienda come la nostra – continua il responsabile della Hosta – questa innovazione consente un risparmio di circa 300 ton/anno di olio di palma a fronte di un aumento di circa 100 ton/anno di olio extra vergine di oliva italiano».