Il comportamento alimentare di ognuno di noi si modella sulla base delle esperienze che, fin dalla prima infanzia, abbiamo in relazione al cibo ed al significato che nelle varie fasi della vita viene attribuito all’atto del mangiare.Fin dalla nascita il cibo è ben più che semplice nutrimento perché, attraverso l’allattamento, tra mamma e bambino si generano relazione, amore, nutrimento affettivo.Successivamente il cibo può assumere numerose valenze: può essere occasione di convivialità, di piacere, di festa, può rappresentare il tramandarsi delle tradizioni di una famiglia o di un luogo e molto altro ancora. Nell’educazione di un bambino tuttavia, talvolta il cibo può assumere significati sui quali voglio soffermarmi.Il cibo come premio. Se un genitore dice ad un bambino: “Se finisci tutti i compiti dopo andiamo a prendere il gelato”, sta dicendo che il cibo è un premio per quando si fa il proprio dovere.Se invece dice: “Se mangi gli spinaci dopo potrai mangiare il dolce” quello che il genitore sta comunicando è che ancora il dolce è un premio, mentre la verdura sarà lo scotto da pagare per poter ricevere quel premio. Difficilmente il bambino acquisirà in questo modo il gusto per la verdura e si chiederà se è un cibo che gradisce oppure no, perché viene già presentata come un piccolo sacrificio necessario per ottenere qualcosa di buono. Allo stesso modo se si dice “finisci quello che hai nel piatto e dopo potrai andare a giocare” nuovamente il cibo appare al bambino come quel mezzo attraverso il quale ottenere qualcosa di particolarmente gradito: il gioco.Infine accade che si utilizzi il cibo come consolazione: il genitore è stato fuori tutto il giorno per lavoro…ecco che arriva con uno snack in dono. Oppure, il bambino è triste per qualcosa che gli è accaduto e noi adulti prontamente gli diamo del cibo ‘per tirarlo sù’. Questo atteggiamento, quando il bambino diverrà adulto, favorirà il meccanismo della ricerca del cibo come compensazione alla tristezza e ad altre emozioni non sempre facili da sostenere.Se i genitori vogliono che i loro figli sviluppino un rapporto corretto nei confronti del cibo è necessario evitare di presentarlo come minaccia, premio, punizione o consolazione. Se si instaurano queste dinamiche, inoltre, è molto probabile che, con il tempo, il bambino comincerà ad utilizzare il proprio comportamento alimentare come arma per provocare o punire i genitori oppure per ottenere da loro qualcosa che desidera.Affinché i nostri figli acquisiscano un buon rapporto con il cibo, cerchiamo dunque di abbandonare questi meccanismi basati su premi e punizioni e affidiamoci invece al valore educativo del buon esempio (per un approfondimento in merito al valore dell’esempio si legga il precedente articolo SUPER-Genitori no grazie!).E non dimentichiamo il significato originario del cibo, che è anzitutto soddisfacimento di un bisogno fisiologico e quindi, una naturale fonte di piacere e benessere. Numerosi dati scientifici ci dicono che il bambino fin da molto piccolo sa regolarsi da solo; spesso sono i nostri condizionamenti a far sì che il meccanismo che regola fame e sazietà subisca, durante la crescita, delle alterazioni più o meno significative.Infine, è importante dare ai bambini la possibilità di sperimentare, affinare i propri gusti ed apprezzarne di nuovi. Il nostro compito di genitori sarà quello di ascoltarli, rispettando i ritmi del loro appetito ed i loro gusti, affiancandoli in questo percorso… alla scoperta dei cibi!
Cristina Cherchi