Il tipo e la quantità di fibra che assumiamo con la dieta giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento del nostro stato di benessere e nella prevenzione di patologie croniche, mediante la capacità di promuovere una corretta crescita della microflora intestinale.
L’effetto salutare delle fibre nella dieta è stato il mio pensiero fisso fin dai primi anni di medicina, tanto che mi soprannominavano Dottor Fibra, semplicemente perché esse non fanno altro che mantenerci “regolari”.
Diversi studi correlano a una dieta ricca di fibre la riduzione del rischio di morte prematura determinando un abbassamento del rischio di contrarre alcune tra le più diffuse patologie croniche, come il diabete di tipo 2, malattie cardiache, infarto fino ad arrivare al cancro.
Un simile effetto è una conseguenza della capacità di mantenere livelli ottimali di colesterolo e pressione arteriosa, dell’aumento della sensibilità all’insulina e della riduzione dei fattori proinfiammatori.
Recenti studi di meta-analisi (2014) indicano che ogni 10 grammi di fibra introdotta giornalmente con la dieta, equivale un abbassamento della mortalità dal 10% al 15%.
La mortalità si riduce persino del 25% nei soggetti con una dieta ricchissima di fibre (osservazione a nove anni) in confronto a chi non ne mangia per niente.
Microflora intestinale e fibre: come influenzano la nostra salute
Alcuni ceppi microbici intestinali, specializzati nella fermentazione delle fibre di legumi, frutta e verdura, sono in grado di produrre alcuni metaboliti importanti, sia perché servono da nutrienti per le cellule che rivestono le pareti del colon, sia per la loro azione regolatoria sul sistema immunitario.
In questo senso tali sottoprodotti svolgono un ruolo preventivo in patologie di origine infiammatoria come l’asma e il morbo di Crohn.
L’attività di questi batteri intestinali in grado di fermentare le fibre sono probabilmente la reale ragione della eccellente salubrità della dieta mediterranea. In effetti, durante i processi di fermentazione delle fibre vengono prodotti degli acidi grassi a catena corta (SCFA), noti per il ruolo svolto nella riduzione del rischio di diabete, malattie cardiovascolari e patologie infiammatorie.
Secondo un recentissimo articolo (Settembre 2015):
“Su 153 italiani adulti, i livelli più elevati di acidi grassi a catena corta sono stati riscontrati nei soggetti che seguivano una dieta vegana, vegetariana o che seguivano una dieta rigorosamente mediterranea, basata sul consumo di elevate quantità di frutta, verdura, legumi, frutta secca e cereali, moderate quantità di pesce, sul basso consumo di grassi saturi, carne rossa e prodotti caseari, sul consumo saltuario di alcol, etc… ‘I benefici della dieta mediterranea sono avvalorati ormai da molteplici studi; recenti ricerche evidenziano come tale azione benefica si esplichi lungo tutto il tratto gastrointestinale e sia dovuta al rilascio di particolari metaboliti durante il processo digestivo’ fa notare la Dott.ssa Suzanne Steinbaum, stimata cardiologa statunitense.”
Questi risultati rafforzano le conclusioni di precedenti ricerche che sottolineavano il ruolo svolto dagli SCFA nella stimolazione selettiva di linfociti Treg (un tipo particolare di linfociti T suppressor), la cui azione è centrale nella regolazione dell’infiammazione intestinale poiché sono capaci di sopprimere la risposta di altre cellule del sistema immunitari coinvolte nei processi infiammatori.
Pertanto è chiaro che esiste una relazione tra metaboliti prodotti dalla microflora intestinale e meccanismi antinfiammatori nel tratto enterico.
Inoltre i linfociti Tregs possono non solo prevenire le sindromi metaboliche ma anche determinarne la reversibilità con meccanismi di stimolazione del metabolismo ossidativo a livello epatico e adipocitario.
Perché è importante ridurre l’assunzione di zucchero
Un’altra caratteristica importante della dieta mediterranea è quella di essere tendenzialmente povera di zuccheri semplici a differenza di una dieta tipicamente americana, ed è noto che proprio gli zuccheri sono la prima fonte nutrizionale dei miceti, responsabili di candidosi e aspergillosi.
Di conseguenza l’alimentazione di tipo mediterraneo ha un duplice impatto benefico.
Il primo è dato dall’alto contenuto in fibre che, promuovendo la crescita di una sana flora batterica intestinale, interviene nella formazione di acidi grassi e altri metaboliti protettivi.
Il secondo deriva dallo scarso apporto di zuccheri che rende più innocui i germi patogeni, così da permettere alla flora buona di crescere e colonizzare nella maniera ottimale il tratto enterico.
Il benessere intestinale si ottiene con il corretto tipo di fibra
Come già detto le fibre fanno bene, poiché promuovono la corretta crescita dei batteri intestinali. Questi ultimi facilitano la digestione e l’assorbimento degli alimenti e svolgono un ruolo importante sulla funzione immunitaria.
Di contro le alterazioni del microbioma intestinale umano, causate da diete inappropriate, determinano un’accelerazione nell’insorgenza di patologie.
Variazioni dietetiche che vedono il passaggio dal consumo di verdure crude a cereali raffinati hanno effetti deleteri poiché portano a un depauperamento generale di fibre.
In realtà i cereali in grani erano in passato una buona fonte di fibre. Purtroppo oggigiorno la loro coltura è intensiva e nella maggior parte dei casi si avvale dell’ausilio di erbicidi come i glifosati, ai quali viene riconosciuta “una probabile azione carcinogena” e la capacità di determinare antibiotico-resistenza.
Inoltre la contaminazione da glifosati sembra essere correlata alla sindrome celiaca e a altre disfunzioni intestinali, per cui è chiaro che l’assunzione di fibre attraverso cereali non porterebbe a nessun vantaggio, anzi, potrebbe essere la causa dello sviluppo di alcune patologie.
Inoltre una dieta ricca di cereali potrebbe aumentare la resistenza all’insulina e alla leptina. Di nuovo otterremmo un effetto controproducente rispetto agli effetti benefici associati ad un regime dietetico a elevato contenuto di fibra.
In conclusione se vogliamo aumentare l’assunzione di fibre, dobbiamo consumare più verdure, frutta secca e semi. Ad esempio un’ottima fonte di fibre è rappresentata dai gusci interi di psillio, dai germogli di girasole oppure da verdure fermentate, che vengono considerate addirittura fibre “precaricate” di fermenti buoni.
A seguire alcuni esempi di alimenti il cui consumo in forma intera apporta elevate quantità di fibre solubili e insolubili:
– Semi di lino, canapa e chia
– Bacche
– Verdure come broccoli e cavolini di Bruxelles
– Radici e tuberi come cipolle, patate dolci, jicama (patate messicane), etc.)
– Mandorle
– Piselli
– Fagioli verdi
– Cavolfiore
– Legumi
Effetti benefici dello psillio bio
L’assunzione di psillio tre volte al giorno permette di raggiungere più della metà del fabbisogno medio giornaliero di fibra, che ammonta a 30-32 grammi. Attenzione però che siano stati coltivati senza l’impiego di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici e che non contengano additivi o dolcificanti.
Alcuni dei noti effetti benefici sulla salute dello psillio sono:
– Il mantenimento di una regolare peristalsi intestinale. Lo psillio è in grado di assorbire acqua a livello intestinale, così le feci sono ammorbidite e avanzano senza difficoltà. Ne risulta un effetto anti-stipsi e un effetto a lungo termine di regolarizzazione della peristalsi intestinale. Anche i fastidi emorroidari sono dovuti a fissurazioni anali e possono essere attenuati, in quanto generalmente aggravati dalla costipazione.
– L’ottimizzazione dei livelli di colesterolo e protezione cardiovascolare. La ricerca scientifica ha dimostrato che lo psillio svolge un’azione di controllo sui livelli di colesterolo. Inoltre regola la pressione sanguigna, riduce lo sforzo del muscolo cardiaco diminuendo in definitiva il rischio di malattie cardiovascolari.
– Il controllo del peso corporeo. Lo psillio, insieme alle altre fibre, aiuta a controllare il proprio peso corporeo attraverso la normalizzazione dei valori di glicemia. Si è visto che circa 5 grammi di psillio al giorno possono aiutare a controllare i valori di glicemia in soggetti diabetici. Inoltre determinano un senso di sazietà che previene l’iperalimentazione.
Un’altra fibra del benessere: i semi di chia
I semi di chia sono un’ottima fonte di fibra (circa 5 grammi di fibra per cucchiaio), ma non solo. Essi sono ricchi di grassi omega-3, antiossidanti e minerali, come calcio, fosforo, magnesio e manganese, molto importanti per l’azione regolatrice sulla pressione sanguigna, sul peso corporeo, sul metabolismo energetico e sulla sintesi del DNA.
L’elevato contenuto di antiossidanti li rende anche a lunga conservazione, infatti le loro proprietà rimangono inalterate per circa due anni se conservati in luogo fresco e asciutto.
Queste sono alcune delle azioni benefiche di questi semi particolari:
– Aumento della sazietà. I semi di chia rigonfiano dando senso di pienezza come accade con lo psillio.
– Migliora la composizione lipidica nel sangue. Alcuni studi affermano che i semi di chia concorrono a ridurre i valori di trigliceridi, ottimizzando la colesterolemia. In particolare aumentano il cosiddetto colesterolo buono, HDL.
– Regolazione della glicemia. I semi di chia contribuiscono a ridurre l’insulino-resistenza regolando i livelli di glicemia e insulina.
Anche nei funghi c’è fibra
Un’altra nuova fonte dietetica di fibre sono i funghi. Secondo uno studio del 2013 il contenuto in fibre nei funghi edibili è variabile. La quantità più alta si trova nello sclerozio, la parte più densa di filamenti che costituiscono il micelio e che formano la struttura del fungo. Oltre alle proprietà tipiche degli alimenti ricchi di fibre, di controllo della glicemia e della composizione lipidica del sangue, i funghi possiedono anche particolari proprietà medicinali. Infatti sono in grado di svolgere azione immunostimolante e anticancro.
In questo studio si afferma che: “attualmente si sottovaluta l’impiego dei funghi come fonte di fibra rispetto alle fonti convenzionali di fibre quali cereali, frutta, legumi e verdure. Anzi nei funghi sono presenti tipi di fibra speciali con proprietà molto utili per la nostra salute…”.
Questi in percentuale gli indici approssimativi di fibra contenuti nei più comuni funghi commestibili:
– Champignon comuni: 8-10 %
– Galletti o Finferli: 11%
– Maitake: 10%
– Shitake: 7-8%
– Pleurotus o orecchie d’elefante: 7,5-8,5%
Più fibre, Più Verdure fermentate, Più salute
Una dieta ricca di fibre offre tanti vantaggi per la salute, ma bisogna anche scegliere le fibre migliori, in primis semi di psillio e semi di chia biologici. Inoltre si raccomanda di aumentare il consumo di funghi, oltre che per il contenuto di fibre, per le proprietà medicinali esclusive.
Le fibre contribuiscono indubbiamente al mantenimento di un buono stato di salute e aumentano la longevità, riducendo il rischio di contrarre patologie e promuovendo una corretta crescita della flora batterica intestinale. Il loro intervento sugli SFCA è molto importante nel controllo della permeabilità e dell’integrità della mucosa intestinale; ad esempio i butirrati sono in grado di stimolare la sintesi delle mucine.
Alternativa altrettanto valida è il consumo di verdure fermentate che permettono l’assunzione di fibre e batteri salutari per l’intestino. Your Buddi nel 2012 affermava in uno studio che la fibra rappresenta il prebiotico e i vegetali fermentati i probiotici, entrambi essenziali per il benessere intestinale:
“La fibra contenuta negli alimenti costituiti da piante intere (frutta, verdura, cereali, frutta secca e semi) influenza positivamente il tempo di transito nell’intestino crasso. La fibra nutre la flora batterica che la utilizza come substrato per la sintesi di SCFA, vitamina K e vitamine del gruppo B. Cibi fermentati come miso, tempeh, kefir, yogurt, tè kombucha, kimchi, salsa chutney e verdure fermentate con acido lattico rinforzano la microflora batterica a livello dell’intestino. Esse apportano Lactobacillus acidophilus, ottima fonte di batteri buoni.”
Di regola è opportuno evitare i cereali, poiché possono determinare un incremento dei livelli di insulina e leptina, nonché aumentare il rischio di esposizione ai glifosati. In effetti i cereali raffinati sono solo secondi agli zuccheri e al fruttosio nello scatenare patologie croniche. Certamente lo zucchero bianco va evitato nella maniera più assoluta.
Piuttosto sfruttiamo verdure, frutta secca e semi biologici a chilometri 0, e se siamo ancora lontani dai 30-32 grammi raccomandati al giorno sarà sufficiente integrare la nostra dieta con un po’ di psillio bio e avremo raggiunto la quantità ideale di fibra.
fonte :Redazione Informasalus