Riducendo il consumo di carboidrati, e aumentando l’assunzione di proteine, cresce la probabilità di concepimento con fecondazione assistita. Questa la conclusione di uno studio americano.
Modificando le abitudini alimentari, in particolare riducendo l’assunzione di carboidrati, è possibile favorire la probabilità di concepimento attraverso fecondazione in vitro. L’impatto sarebbe direttamente a livello dell’uovo, così spiega Jeffrey Russell del Delaware Institute for Reproductive Medicine di Newark e autrice principale dello studio.
Le diete ricche in carboidrati creerebbero, infatti, un ambiente chimico ostile all’oocita, prima ancora del concepimento e del suo impianto nell’utero. Dati sperimentali suggeriscono che la presenza di un ambiente fisiologico caratterizzato da livelli relativamente elevati di glucosio, come avviene nelle pazienti diabetiche e sovrappeso, siano dannosi sia per le cellule uovo che per l’embrione stesso. Evitando carboidrati e cibi ad elevato contenuto di zuccheri, e sostituendo questi con maggiori quantità di proteine potrebbe offrire numerose chance di portare a termine con successo un programma di fecondazione artificiale.
Allo studio hanno partecipato 120 donne di età media 36 anni. Alcune di queste riportavano un consumo giornaliero di carboidrati nella dieta equivalente al 60-70%. Analizzando gli esiti della fecondazione assistita, i ricercatori hanno potuto constatare che vi erano significative differenze nella risposta al trattamento in dipendenza del tipo di dieta. Il tasso di sviluppo di blastocisti era infatti decisamente superiore tra le pazienti che includevano una percentuale superiore di proteine nella dieta abituale.
Non solo, anche il tasso di gravidanze cliniche e di parti con neonato sano correlava con il tipo di dieta. In media, quando il consumo di proteine costituiva oltre il 25% della dieta e quello di carboidrati era inferiore al 40%, la probabilità di sviluppare la gravidanza saliva all’80%.
Per raggiungere questo, a detta dei ricercatori, non sarebbe necessaria una restrizione calorica ma semplicemente un aumento nel consumo di proteine. Non si tratta, infatti, di un programma di riduzione del peso corporeo, ma piuttosto un intervento nutrizionale per migliorare la qualità dell’alimentazione e favorire la gravidanza.
fonte:American Congress of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) 61st Annual Clinical Meeting