Spesso siamo in guerra con il nostro corpo , in alcune battaglie ci lasciamo andare e in altre si tentiamo il tutto per tutto, facendo sacrifici, diminuendo il più possibile e consegnando superpoteri al cibo, alle calorie e alla bilancia..
Nel 1993 in un editoriale su The JAMA,il dott. Arthur Frank affermava che l’approccio a questioni alimentari, siano esse di obesità o meno, non può essere costruito solo sulla semplice prescrizione di una dieta, ma bisogna tener conto degli aspetti psico-sociali ,che possono facilitare o gravare la gestione del peso, .
E’ fondamentale il contatto con la persona a 360°.
Le ragioni per cui una dieta fallisce possono essere tanti: cambiare in meglio la qualità e quantità di ciò che si mangia, infatti, può non essere sufficiente. La dieta deve essere personalizzata, non solamente ipocalorica; deve tener conto dello stato ormonale, di eventuali patologie (le autoimmuni e le infiammatorie croniche sono una prova), dello stato emotivo e in alcuni casi non essere per nulla ipocalorica. Un cammino dietetico che guarda solo al piatto e ai grammi spesso non funziona, dopo un po’ di tempo si giunge così ad un blocco o ad un crollo. Bisogna occuparsi di un corpo e della sua mente e non di un computer che calcola calorie, perchè oltre alle questioni metaboliche ci sono la motivazione e la fragilità personale.
Nel mio lavoro di nutrizionista, sono piuttosto lontana da diete rigide e dalle “contacalorie” che allontanano la base del problema. Il cibo può modificare la salute ma la principale trasformazione deve accadere nelle nostre teste: cambiare le vecchie abitudini, il proprio stile di vita e lavorare sugli schemi mentali che hanno accompagnato o accompagnano il rapporto con il cibo. Capendo e prendendo consapevolezza di ciò, i sacrifici fatti non saranno forse vani e i chili persi non saranno ripresi tanto facilmente.